UNCLASSIC Milan Exposition – 22 aprile 2023: il racconto dell'esperienza

Unclassic

Cos'hanno in comune un rider di Deliveroo e il David di Michelangelo? E la morte di Marat con la scritta neon "Good Vibes"? E Cristo in un contesto di resell?

davinci

Assolutamente nulla, se decidiamo, sbagliando, di non soffermarci su tutte le implicazioni sociali e filosofiche che l'arte del collettivo Unclassic vuole portare alla luce. Per farlo, Alberto Filippini, co-founder del progetto, ha deciso di agire sul potente equilibrio comunicativo dell'arte classica, remixandola in chiave contemporanea e permettendole di esprimersi anche su tematiche attuali.

Ma andiamo con ordine, e partiamo con la descrizione dell'evento in sé. Se poi voleste darvi un'occhiata all'intervista che Fabri ha fatto ad Alberto, vi basta cliccare qui.

Blakshop è un inno alla comunità street, parola di Simone

Ad ospitare la brillante e ambiziosa proposta di Alberto ed Enrico, l'altro founder di Unclassic, è stato lo store di Blakshop, "guidato" dalla direzione artistica della casa di produzione Newd: ciononostante, a volere in particolare questo spazio è stato Simone, che, prima di essere store e retail manager di Blakshop, è un grandissimo sostenitore della street community. Prima di vivere l'evento a 360 gradi, ho avuto l'opportunità di parlare con lui davanti ad un caffè: abbiamo discusso di Blue Distribution, di community, dell'evento stesso; l'ho tartassato di domande e curiosità; ho visto nei suoi occhi la passione per lo streetwear e la volontà di affermare Blak nella scena milanese. In altre parole, è stata una chiacchierata quasi illuminante, a cui sicuramente seguirà un'intervista fatta per bene, in cui scomporremo attentamente il business di Blakshop. Ora, però, torniamo da Unclassic.

Lo store Blakshop (foto da Google)

Finito il nostro caffè, Simone m'ha riaccompagnato allo store, dove ho conosciuto i due protagonisti della mostra, Alberto ed Enrico. Anima artistica e direttore creativo l'uno, marketing manager l'altro: un duo giovane, spumeggiante, determinato e soprattutto con una visione chiara e appassionata. A contenere questo mix di talento è stato il piano interrato dello store, trasformato, per volontà di Simone, in un luogo di incontro per tutti coloro che contribuiscono a plasmare la cultura street: uno spazio non troppo grande, ma capace di trasmettere familiarità sin dal primo momento. Non è un caso, quindi, che Blakshop abbia ospitato già più di un evento in questo luogo, vero e proprio crocevia di idee della scena street.

Il basement messo a disposizione da Blakshop

Remixando il classico si parla alla contemporaneità: l'idea di Unclassic

"Riprogrammare l'arte classica attraverso l'inserimento di elementi appartenenti alla nostra cultura" è quello che Alberto rivendica attraverso Unclassic (su mia gentile concessione, Alberto, puoi usare questa frase durante le prossime mostre): si tratta di un'idea che sicuramente non è rivoluzionaria e nemmeno troppo innovativa, ma la sua interpretazione, in questo caso, è davvero eccellente e non può che lasciare soddisfatti tanto la vista quanto il pensiero. Mi spiego meglio.

Senza girarci troppo attorno, la resa visiva delle opere di Unclassic è di alto livello: il lavoro grafico che sta dietro ad ogni opera è evidente nel risultato finale, che non presenta alcun errore tecnico e non svilisce la qualità dell'opera originale. Al contrario, ne esalta tanto le caratteristiche stilistiche quanto la volontà di comunicare qualcosa che sia proprio del suo tempo. Ed è in questo che risiede la gratificazione intellettuale che si prova osservando un'opera di Unclassic. I soldi in mano alla Madonna o l'ATM che sostituisce Caligola non sono dettagli pacchiani, non sono aggiunti a caso, non appesantiscono l'assetto generale di un'opera classica: al contrario, l'arte di Unclassic sfrutta la trasversalità e l'universalità intrinseche all'ideale classico, parlando direttamente al nostro animo e offrendoci un ritratto del nostro mondo.

L'opera che mi ha colpito maggiormente

Detta in modo n'attimino più tranquillo e comprensibile, una morte di Marat con dietro la scritta "Good Vibes" ci comunica determinate cose, dopo averci inizialmente confuso: ci lancia un messaggio universale sul valore attuale della morte, non su quello che aveva ai tempi della Rivoluzione francese. Ed è questa la forza dell'arte remixata: comunicarci qualcosa che possa aiutarci a capire il nostro tempo, senza alterare l'equilibrio delle opere originali ma, al contrario, valorizzandone il carattere universale e umano.

Due parole con Amos, direttore creativo di Newd

Devo essere trasparente: l'analisi che avete letto sopra non sarebbe stata possibile senza la chiacchierata che ho avuto con Amos Vespero, direttore creativo di Newd. In altre parole, colui che valorizza, attraverso un percorso fortemente improntato all'umano e alla passione, alcuni dei talenti più brillanti del panorama artistico italiano. Nell'ora e mezza in cui abbiamo discusso gli argomenti sono stati incredibilmente vari: dalla filosofia all'arte, dallo streetwear all'etica del business, fino ad arrivare alla vision di Newd. E poi abbiamo parlato, ovviamente, della scelta di Unclassic.

Riguardo a questo, tuttavia, non mi dilungherò eccessivamente in questo editoriale, perché, spoilerone, abbiamo già messo in cantiere un'intervista con Amos: posso solamente dire che l'idea di Alberto ed Enrico è stata "accolta" sotto la ala di Newd proprio per la sua voglia di raccontarci qualcosa di nuovo, usando come mezzo qualcosa di archetipicamente presente nel nostro inconscio. In parole povere, qualcosa di "vecchio", che tutti conosciamo. Qualcosa come l'arte classica.

"TRADE X BLAK", opera realizzata per Blakshop (foto da Blakshop)

WOWrug e il "made in Italy" pop

Ad essere presente all'evento di Unclassic x Blakshop è stata anche un'altra realtà super interessante del panorama artistico italiano: WOWrug, con il suo tappeto dedicato al David, ha infatti "chiuso" il cerchio aperto dal "Davider" di Alberto, completando al meglio l'esperienza vissuta nell'antro messo a disposizione da Blakshop.

Anche in questo caso, non approfondirò il discorso qua, perché con Marco, founder del progetto, ci siamo accordati per un'intervista che uscirà prossimamente: intanto vi posso anticipare che si tratta di un progetto interamente artigianale, totalmente made in Italy e con una qualità esecutiva notevole. E, anche in questo caso, non è da sottovalutare l'elemento street e pop, che emerge in particolare nei tappeti raffiguranti proprio il David e Virgil Abloh.

Cosa ci ha lasciato l'evento di Unclassic

Tante aspettative e tanta, tantissima fiducia in questi progetti. In questo resoconto, avrei potuto soffermarmi su ogni singola opera, sul fatto che l'evento fosse sponsorizzato da Pepsi e da Drinkello, sulla formula "ingresso libero e open bar", ma sinceramente avrebbe svilito e non poco il lavoro fatto dai ragazzi di Unclassic, Blakshop, Newd e WOWrug.

Per questo, mi sono concentrato sulle sensazioni che ho provato e sugli stimoli che questo ambiente mi ha dato: e, senza girarci attorno, posso dire che è stata un'esperienza di assoluto valore, capace di mettere insieme un'impostazione da galleria d'arte alla familiarità di una community che si conosce e si autovalorizza. Nella speranza di avervi fatto immergere questa esperienza, non posso che ringraziare ancora tutti i protagonisti di questo evento: big up street fam!

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