Pensi a Nike, pensi a due cose: Jordan o Dunk. Scegliamo la seconda. Pensi a Dunk, pensi a due cose: basket o skateboarding. Anche in questo caso, prendiamo la secondo "strada". Pensi a skateboarding, pensi, inevitabilmente, a un'infinita costellazione di brand: HUF, Vans, Globe, DVS, DC. E poi, altrettanto inevitabilmente, arrivi a pensare anche Nike, che con la sua divisione SB è riuscita a diffondere la skateculture ben oltre i suoi limiti naturali. Quello che giustamente vi starete chiedendo è: come cazzo ha fatto?
Prima di arrivarci, però, analizziamo la storia di Nike SB.
Skatando le Vans, le Blazer e poi anche le Jordan 1
Nato intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, lo skateboarding fu da subito uno sport capace di attirare l'attenzione di moltissime persone: dopotutto, per praticarlo bastavano una tavola con delle rotelle e qualche rampa. All'inizio degli anni Settanta, però, si diffuse la convinzione che fosse uno sport pericoloso, per cui la sua popolarità raggiunse i minimi storici, per poi riprendere vigore e calare, di nuovo, all'inizio degli anni Ottanta. Le scarpe più usate erano le Vans, "nate" per lo skateboarding, ma anche alcune Nike, facili da reperire e relativamente poco costose, ebbero successo: su tutte, le Blazer erano le predilette dagli skater.
Con l'uscita delle Jordan 1 High e delle Dunk, però, qualcosa cambiò: una scarpa che non era stata progettata per lo skateboarding, infatti, si ritrovò improvvisamente al centro delle attenzioni di star come Tony Hawk e Mike McGill. E qui, forse, Nike finalmente capì che questo settore era sostanzialmente controllato solo da Vans, che, però, non produceva quelle scarpe solide, "grosse" e resistenti che molti skater stavano cominciando a preferire. Ciononostante, fino al 1996 non se ne fece nulla, permettendo ad altre realtà di affermarsi nella produzione di sneakers da skateboarding (Globe e Osiris su tutte).

Le fallimentari SB-pre-SB
Nel 1996, quindi, nacquero le prime scarpe da skate prodotte da Nike, e presero l'esoticissimo nome "Choad". A seguirle furono le Snak, le Lien Lo, le Trog, le Schimp e le Scream. In altre parole, una lineup consistente, realizzata appositamente per quelle community che avevano sempre apprezzato le caratteristiche dei prodotti Nike.

Il risultato? Un fiasco quasi totale. Nessuna delle sneakers menzionate, infatti, riuscì ad affermarsi, dimostrando a Nike che effettivamente il ritardo con cui aveva approcciato questo segmento di mercato non era poco. Ciononostante, Nike ci credeva e per questo decise di lanciare le Dunk Low Pro B, antesignane delle SB Dunk: pur non totalizzando chissà che numeri, la skate community lentamente si aprì a questa multinazionale che stava provando ad entrare nel loro mondo.
Finalmente, Nike SB
E, forse proprio per dimostrare che credeva tantissimo nello skateboarding, Nike decise di creare una divisione "specializzata" nel 2002: Nike SB venne subito affidata a Sandy Bodecker, padre delle SB Dunk e di tanti altri modelli che hanno rivoluzionato non solo il mercato delle sneakers, ma anche la cultura pop. La sua visione, le sue idee, il suo dinamismo e la sua capacità di andare oltre l'ordine prestabilito lo hanno reso un pilastro della storia dello streetwear, creando attorno a lui un'aura di sacralità di cui, però, non ha mai sentito il peso. Al contrario, fino al giorno della sua prematura scomparsa, S.B. ha lavorato su innumerevoli progetti di alto profilo, mettendo al servizio di Nike le sue competenze e la sua travolgente passione.

Ma, nel concreto, che modelli hanno fatto uscire Sandy e Nike SB? Senza girarci troppo attorno e fare troppi nomi, le SB Dunk. La prima "ondata" fu quella del 2002, con Bodecker che chiese a quattro skater di personalizzare quattro paia di Dunk con la fat tongue: nacquero così le Supa di Danny Supa, le Mulder di Richard Mulder, le Wheat di Reese Forbes e le Iannucci 2 di Gino Iannucci.

Benché le vendite iniziali furono ben al di sotto delle aspettative, Nike SB continuò a sfornare Dunk in collaborazione con artisti, skater, brand di skatewear e addirittura intere città. E, nel tempo, queste scarpe nate con l'intenzione di "servire" uno sport specifico diventarono un simbolo degli anni Duemila, entrando prepotentemente nell'immaginario collettivo e contribuendo a rendere "grande" Nike.
Il fattore SB va oltre al prodotto stesso
Torniamo alla questione iniziale: come ha fatto Nike SB ad assumere una simile importanza non solo nello sneakergame, ma anche a livello popculturale? Una risposta univoca sarebbe complessa e riduttiva, per cui non la darò: al contrario, ci soffermeremo su come la skate community sia riuscita ad aprirsi lentamente al mondo esterno, accogliendo al suo interno una serie di istanze sociali, culturali e artistiche e assumendo così un ruolo di primo piano nello sviluppo delle streetculture degli anni 2000.
Dal punto di vista sociale, Nike SB è sempre stato un team molto impegnato: ad esempio, non andando troppo a ritroso, tre progetti che ha "sponsorizzato" nel corso del 2022 sono Skate Like A Girl, Why So Sad? e FroSkate, che si occupano rispettivamente di inclusione femminile, salute mentale e supporto delle comunità LGBTQIA+. Con Skate Like A Girl, Nike ha rilasciato una capsule composta da un paio di SB Dunk (che fieramente possiedo) e da alcuni capi di abbigliamento. Con Why So Sad?, invece, sono state rilasciate un altro paio di SB Dunk (che possiedo e di cui ho anche scritto una recensione) e una Bruin High. Con FroSkate, invece, sono state rilasciate "solamente" un paio di coloratissime SB Dunk High.

Spostandoci sull'influenza culturale di Nike SB, impossibile non citare uscite come le Heineken, il City Pack o le Gibson Guitar Case (la lista, però, sarebbe praticamente infinita, includendo anche le Tiffany, le Roller Derby, le Travis Scott e tantissime altre). Queste sneakers, molto più di Jordan e simili, sono riuscite infatti a prendere elementi della cultura a loro circostante, remixandoli in chiave street e rendendoli un tratto caratterizzante di un prodotto che va ben oltre alla semplice idea di "scarpa".

Infine, Nike SB ha saputo far entrare nel suo mondo anche l'arte: sulle leggendarie Paris, ad esempio, troviamo le tele di Bernard Buffet; su molte altre, invece, le opere astratte di Futura; nel 2011, poi, l'artista Geoff McFetridge ha creato 24 paia di Dunk fatte di carta, vendute da Sotheby's per cifre vicine ai 10 mila dollari. Tornando ai giorni nostri, infine, sappiamo che nell'estate del 2023 uscirà un paio di SB Dunk che presenterà sull'upper un pattern realizzato dall'afrofuturista newyorkese Rammellzee.

Un successo planetario
Se Nike SB ha quindi avuto successo, non bisogna sorprendersi: all things considered, è stato l'unico brand di skatewear che si è veramente aperto al mondo moderno, accogliendo al suo interno una miriade di progetti più o meno piccoli, più o meno importanti, più o meno influenti. Così facendo, la divisione SB di Nike ha costruito un vero e proprio "villaggio" di comunità, tutte diverse fra di loro ma accomunate dalla volontà di farsi sentire a livello globale. E questo insieme di voci, inizialmente piccolo, ha saputo espandersi fino a diventare, con pochi dubbi, uno dei più influenti nel mondo della moda. Con buona pace di chi, all'inizio, non aveva creduto in Sandy.
Sitografia che merita
https://www.nikesb.com/articles/20-years-sb-football
https://www.nikesb.com/articles/20-years-sb-art
https://www.nikesb.com/articles/20-years-sb-music
https://www.nikesb.com/articles/20-years-sb-origins
https://www.nikesb.com/articles/20-years-sb-signature
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