Questo articolo ha l'onore e l'onere di inaugurarne una serie, alla scoperta di qualcosa che a volte sottovalutiamo.
Compriamo una t-shirt con un simbolo, un logo, una scritta, ma perché lo facciamo? Cosa ci spinge a comprarla? Sicuramente il fatto che sia bella, di qualità, o che abbia una frase più o meno esplicita può aiutarci nella scelta.
Noi di eyes, però, cerchiamo sempre di andare oltre la prima impressione, cercando di farvi riflettere sul fatto che tutti i brand cercano di mandare un proprio messaggio, attraverso l'arte che propongono.
Possiamo parlare di arte perché dietro c'è un lavoro creativo. Delle persone che pensano e riflettono su cosa sia meglio fare e cosa, invece, sia meglio evitare. Delle scelte che, fatte o meno, possono cambiare il destino di una collezione o di un intero brand. Ve lo ricordate, no, l'esempio del brand Jordan? Nato da una partnership che ha salvato la Nike, è poi naufragato in un paio d'anni prima che un architetto semisconosciuto per puro caso creasse la scarpa della redenzione.
Benvenuti alla scoperta dei vostri prossimi brand preferiti. Oggi, nello specifico, partiremo con la storia di Obey.

Shepard Fairey ama il wrestling
Shepard Fairey, anno del signore 1970, è un anonimo studente della Carolina del Sud quando, dopo aver completato il primo percorso di studi, crea uno sticker che diventerà parte della cultura streetwear moderna.
La storia di Fairey comincia però cinque anni prima, quando ancora 14enne realizza disegni per tavole da skate e t-shirt. L'inclinazione artistica era quindi naturale, sebbene i genitori fossero "estranei" al mondo dell'arte.
Nel 1989, sembra durante una lezione di ripetizioni ad un suo compagno di università realizza un disegno che, lì per lì, sembra non avere un significato, e che invece rappresenterà il punto di partenza della storia di Obey 👇

"Andrè the Giant has a posse" (Andrè The Giant ha una cricca) rappresenta il gigantesco wrestler avversario anche di Hulk Hogan con i suoi dati fisici in alto a destra e la scritta enigmatica sull'altro lato.
Un po' di fortuna e un interesse fuori dalla norma riescono a portare la giusta dose di popolarità a Fairey - pensate che lui voleva essere "visibile" solo al suo manipolo di colleghi e amici skater... - che solo un anno dopo, resosi conto della portata di questo sticker, realizza un Manifesto ispirandosi al filosofo tedesco Martin Heidegger. Alcuni articoli citano l'incredibile viaggio dello sticker che, dopo aver spopolato in buona parte degli Stati Uniti, viene trovato anche fuori dai confini a stelle e strisce.
La sua più grande ispirazione venne dal film "They live", un film Horror (che tra i protagonisti aveva Rowdy Roddy Piper) dove alcuni alieni (la classe dirigente mondiale) ordinavano alla popolazione di obbedire ai loro ordini.
Andrè The Giant + Obey diventa quindi il motto dell'attività politica e sociale di Fairey, che, come vedremo, farà letteralmente la storia dell'arte e dello streetwear.

Dopo qualche anno di attivismo, Fairey realizzò un volto stilizzato di Andrè the Giant dopo essere stato minacciato di cause legali, e divenne famoso grazie ad un documentario del 1995 dove veniva raccontata approfonditamente la storia dell'artista e del brand.
Fairey conosce bene Barack Obama
Per terminare la storia di Obey (altri suoi successi grafici possono essere trovati sulla sua pagina wiki - come un primo logo Mozilla o la copertina del CD Monkey Business dei Black Eyed Peas) l'attivismo politico e "anti-establishment" di Fairey ebbe forse la sua massima espressione durante la campagna del 2008 di Barack Obama - il primo Presidente di colore degli Stati Uniti d'America.
La storia è tanto semplice quanto impattante: pur non essendo ufficialmente coinvolto nella campagna di comunicazione di Obama, Fairey realizzò un quadro che non rimanda a lui a primo impatto ma che vi farà dire "OHHHH SI MI RICORDO" un attimo dopo ⤵️

Alcune cose diventano popolari senza un vero perché, modificandosi e prendendo percorsi che nemmeno il primigenio autore può aspettarsi. Troviamo selfie modificati con i colori democratici, paesaggi, perfino repubblicani o personaggi politici esteri con slogan e parole a descrivere loro stessi o le loro azioni.
La portata di questo poster fu poi riconosciuta dallo stesso Obama che, una volta eletto, mandò una lettera allo stesso Fairey per ringraziarlo dell'attivismo.
Fun Fact: sembra che nella prima stampa di questo manifesto, la parola non fosse HOPE ma PROGRESS, poi modificata a seguito di una richiesta del reparto di comunicazione dello stesso Obama. Insieme a HOPE c'erano altre due parole sotto la faccia del 44° Presidente degli States: VOTE e CHANGE.

OBBEDIRE
Obey - così dall'89 viene comunemente chiamato Fairey - crea il brand omonimo nel 2001, per riuscire a diffondere i suoi messaggi politici, sociali e provocatori in una maniera sempre nuova, con un grande impatto e con una leggera vena ironica.
Lo stile è ovviamente skate-oriented vista la sua propensione adolescenziale, con messaggi (a volte perfino irriverenti) su tee e hoodie.
L'arte di Obey si estrinseca quindi su due binari paralleli che trovano sbocchi sempre nuovi nelle battaglie che Fairey, la sua azienda e le sue innumerevoli iniziative, hanno intenzione di combattere.

Cosa troviamo su Blak!
Anche la collezione FW23 di Obey è pregna di messaggi politici e sociali sempre degni di un'accurata valutazione.

Cliccando qui potrete vedere le collezioni appena arrivate. Blakshop è rivenditore ufficiale Obey per cui troverete qualunque collezione voi stiate cercando.
Noi ve ne segnaliamo due:

Dedicata alla street art di Fairey, questa collezione prevede l'utilizzo di una serie di fotografie riprodotte in stampa risografica, che permette di raggiungere colori molto intensi e saturi, garantendo, allo stesso modo, ricchezza di particolari ed una definizione "sporca" ed imperfetta. La collezione ritrae alcuni iconici murales di OBEY Giant, fotografati per le strade di New York, Parigi e Seoul. Clic qui per farla vostra.

C'è poi una collezione curata da Shepard Fairey in persona. Chiaramente il creatore del brand non può più dedicarsi in maniera esclusiva, ma è bello vedere che l'impegno per la realizzazione di qualcosa di nuovo non manca mai. Non a caso, la descrizione ufficiale della Shepard Fairey Collection ci dice che "riprende le opere che caratterizzano lo stile unico di Shepard e che incarnano gli ideali alla base del brand, diventati sinonimo del suo lavoro". Come prima, clic qui per essere reindirizzati su Blakshop!
Obey, una storia che non ti aspetti
Shepard Fairey parte da un sobborgo con uno sticker che desta la curiosità di alcuni, poi di molti, fino a diventare un fenomeno da studiare ed approfondire. Prima di tutto da Fairey stesso.
Quello che segue è un'opera di ingegno, un pizzico di fortuna e tante buone idee comunicate nel migliore dei modi, che portano Fairey ad essere conosciuto e riconosciuto come uno degli artisti contemporanei che hanno cambiato sia l'arte che la politica.
Lunga vita alle idee di Shepard Fairey!
Eyes sta crescendo, e speriamo di fare un po' di strada insieme!
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La newsletter di Eyes cambia volto: a scriverla, innanzitutto, è Fede. In più, ha un bel titolo: "Streetwear, ma spiegato bene". Di cosa parlerà? Di streetwear, ovviamente. Ma lo farà con un piglio critico, a tratti filosofico, a tratti inutile, ma sempre tremendamente curioso e vivace. Se vuoi divertirti, quindi, ti basta cliccare il tasto in basso!
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1 thought on “La storia di OBEY: l'arte può essere politica?”