Napapijri e Obey sono due marchi che hanno segnato la storia della moda. Il primo, rivoluzionando completamente il ruolo dell'outdoorwear; il secondo, rendendo lo streetwear un mezzo per comunicare in modo efficace messaggi di carattere politico e sociale. La combinazione di questi due percorsi, contraddistinti da capi iconici, uno stile sempre all'avanguardia e una retorica capace di coinvolgere il pubblico, ha portato alla capsule collection uscita il 28 settembre e accompagnata dal claim "Don't just watch it burn".

Napapijri, un'avventurosa storia italiana
Se la storia di Obey l'abbiamo già ripercorsa in questo articolo realizzato insieme a Blakshop, Napapijri è un marchio inedito sul nostro magazine, principalmente per un motivo: non ha mai prodotto alcuna sneaker (non collaborazione) e non ha mai fatto dello streetwear il suo core business, per quanto il suo anorak sia diventato, nel corso degli anni, una vera e propria icona della moda.

La storia di Napapijri comincia nel 1987, quando l'imprenditrice valdostana Giuliana Rosset decide di acquisire una piccola azienda locale, la Green Sport Monte Bianco, che negli anni successivi inaugura il marchio Napapijri, storpiatura di un termine finlandese che indica il circolo polare. Il linguaggio estetico del marchio diventa subito riconoscibilissimo: la bandiera norvegese, i colori vivaci, il logo bianco e nero che simboleggia il Polo Nord e il Polo Sud, l'anorak Skidoo. In altre parole, Napapijri comincia ad affermarsi come uno degli outdoor brand più interessanti del panorama europeo, fino a che, nel 2004, la VF Corporation decide di acquisire il marchio e la stessa Green Sport Monte Bianco, in un'operazione valutata più di 100 milioni di euro.
Una volta entrata in una delle holding più importanti del mondo della moda, il marchio italiano ha continuato la sua crescita, arrivando a realizzare uno Skidoo firmato Karl Lagerfeld e un'intera capsule collection streetwear-oriented con l'aiuto del designer Yoshinori Ono. Più recentemente, poi, Napapijri ha avuto anche la possibilità di misurarsi con marchi ancor più spiccatamente street, come Patta, Vans e, infine, proprio Obey.


"Don't just watch it burn"
Con la creatura di Shepard Fairey, Napapijri ha deciso però di intraprendere una collaborazione non soltanto creativa, ma anche comunicativa e morale: l'obiettivo della collab, infatti, è quello di sensibilizzare il pubblico e creare un dialogo proficuo e inclusivo sul tema dei cambiamenti che il nostro pianeta sta attraversando. Non a caso, come claim è stata scelta la frase "Don't just watch it burn", traducibile in italiano come "Non limitarti a guardarlo bruciare", riproposta su ogni capo della capsule e indicante la necessità di discutere, di agire e di trovare soluzioni.
"Giocando con la nozione di viaggio, la campagna innesca una riflessione più profonda sul ruolo che ognuno di noi è pronto a svolgere quando si trova ad affrontare una crisi inaspettata" afferma il sito di Napapijri, nella sezione dedicata alla collaborazione con Obey. E lo stesso video di presentazione, che trovate qui sotto, ci vuole mostrare l'approccio di entrambi i brand, contraddistinto dal potere dell'ironia, dell'immaginazione e della creatività.
Dato che Blakshop è il distributore ufficiale di Obey per l'Italia, potete trovare l'intera capsule solo sul loro sito, a questo link. La capsule comprende, in pieno stile Napapijri e Obey, uno Skidoo, alcune felpe, alcune tee, alcune crewneck e tanto, tantissimo altro.



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1 thought on “Napapijri e Obey hanno dato vita ad una delle capsule più interessanti del 2023”